Con meno di 4 mila esemplari rimasti in natura (per la precisione 3.890 secondo gli ultimi censimenti), e dunque ad altissimo rischio di estinzione, ogni anno circa 110 tigri vengono uccise e immesse illegalmente in commercio. Lo rivela un rapporto del network Traffic, del quale fa parte il WWF, pubblicato alla vigilia della Conferenza di Hanoi in Vietnam sul commercio illegale di fauna selvatica che si apre domani. Più di 7.000 tigri si stima siano presenti nelle cosiddette “tiger farms” (soprattutto in Cina, Laos, Thailandia e Vietnam), sorta di allevamenti che alimentano però, denuncia il WWF, un mercato illegale di prodotti o parti di tigre che viene soddisfatto soprattutto dal bracconaggio e commercio illegale. Tali centri infatti stimolano la domanda, e questo incentiva il declino delle tigri in natura.
“Non c’è più alcun dubbio che le tiger farms stimolano l’espansione illegale del commercio di prodotti o parti di tigre e percio’ dovrebbero essere chiuse,” ha detto Michael Baltzer, a capo della Tigers Alive Initiative del WWF. “La Conferenza di Hanoi è l’occasione ideale per chiedere ai governi asiatici di impegnarsi in questo senso. La chiusura delle tiger farms contribuirebbe enormemente al recupero delle tigri che sopravvivono tra mille difficoltà allo stato selvatico”.
Un rapporto pubblicato oggi dal Traffic sottolinea come tra il 2000 e il 2003 appena il 2% dei prodotti o parti di tigre sequestrate (ossa, denti, pelli, artigli) proveniva dalle tiger farm, percentuale salita al 30% nel periodo 2012-2015.