In Italia e Portogallo esaurito l’equivalente del consumo annuale di “pesce domestico”
Stock ittici: 93% nel Mediterraneo sono sovrasfruttati
Purtroppo non si tratta di un pesce d’aprile, sebbene oggi sia la giornata dedicata agli scherzi: il WWF segnala che da oggi la domanda di pescato in Italia e in Portogallo verrà soddisfatta solo da pesce importato, considerando la richiesta complessiva di mercato interno dell’intero anno. Nei due paesi, infatti, due terzi del mercato interno di pesce provengono da prodotti importati, metà dei quali solo da paesi in via di sviluppo. Virtualmente, dunque, da domani esaurite le ‘scorte’ ittiche nazionali: per soddisfare la richiesta di pesci e frutti di mare fino a fine 2017, sul calcolo della quota complessiva annuale, si passa all’import.
Questo è un segnale di quanto questi paesi, non da soli, consumino molto più pesce di quanto possano pescare nelle loro acque nazionali. Infatti, secondo le statistiche della FAO, con un consumo medio di pesce di 53,8 kg pro capite all’anno, il Portogallo si classifica primo in Europa seguito da Lituania (43,6 kg), Spagna (42,4 kg), Finlandia (36,4 kg) e Francia (33,5 kg). Questi 5 paesi hanno il più alto tasso di consumo pro capite nella UE e da soli rappresentano circa un terzo del consumo di pesce in tutta l’Europa. In media, ogni cittadino europeo consuma 22,5 kg di prodotti ittici all’anno.
Per 8 anni la New Economics Foundation (NEF) ha calcolato i livelli di dipendenza annuale di pescato della UE in ciascuno degli stati membri. I paesi che riescono a consumare lo stesso quantitativo di prodotto interno sono considerati autonomi (ad esempio Danimarca, Estonia, Irlanda), mentre la maggior parte dipende dalle importazioni di pesce per mantenere il proprio livello di consumo. La prossima data simbolo sarà il 6 luglio, Giorno di Dipendenza dell’Europa: da quel momento tutto il continente avrà ‘esaurito’ l’equivalente dell’intera produzione europea annua.
Da inizio anno già altri paesi hanno ‘celebrato’, si fa per dire, il proprio Giorno di Dipendenza e sono: Austria (20 gennaio), Slovenia (16 febbraio) e Slovacchia (8 febbraio), Romania (19 febbraio), Belgio (18 febbraio), Lituania (2 febbraio), Italia (31 marzo), Portogallo (1 aprile); poi toccherà a Germania (29 aprile), la Spagna (9 maggio), etc. (vedi tabella allegata)
“Sembra oramai inarrestabile la dipendenza del mercato italiano dalle importazioni di prodotti ittici. In Italia, negli ultimi anni siamo passati dai 16 ai 25 kg di consumo procapite. È il risultato di numerose iniziative per la diffusione dei principi di una sana alimentazione che vede nel consumo di pesce un pilastro cruciale. Tre quarti del pesce consumato in Europa, Italia compresa è di origine selvatica , il resto di allevamento. Il problema è che le scelte del 42 per cento dei consumatori si concentrano solo su sei specie, ignorando molte di quelle provenienti da stock disponibili. Ogni anno il fish dependence day anticipa di settimane, e di questo passo, fra qualche anno, mangiare pesce locale, a miglio zero, sarà impossibile – ha dichiarato Donatella Bianchi, Presidente di WWF Italia – È il mercato a creare la domanda e per questo da consumatori abbiamo una grande responsabilità . Dalle nostre scelte dipenderanno la sopravvivenza della piccola pesca locale e sostenibile di casa nostra e l’impatto sulle comunità dei paesi in via di sviluppo che vivono di pesce come fonte sia di cibo che di reddito e che forniscono le specie richieste ai nostri mercati depauperando gli stock di altri mari. È fondamentale quindi che le autorità rafforzino le norme sulla tracciabilita e l’etichettatura, che le imprese, come il mondo della ristorazione le rispettino e i consumatori siano più attenti nella scelta dei prodotti, selezionando quelli locali meno nobili magari ma più disponibili, anche di allevamento, o acquistando pesce d’importazione certificato, più sicuro, sostenibile e prodotto responsabilmente”.
Nel corso degli ultimi tre decenni, la Giornata Europea Dependence Day si è verificata inesorabilmente sempre più in anticipo. Fino a trenta anni fa l’Europa poteva soddisfare ‘simbolicamente’ la propria domanda con prodotto pescato nelle sue acque almeno fino a settembre/ottobre. Nel frattempo è aumentato lo sforzo eccessivo di pesca al livello globale lasciando oltre il 30% degli stock ittici delle specie di maggior consumo sovrasfruttati e almeno un 60% circa soggetto ad uno sfruttamento contraddistinto da illegalità, mancanza di controlli e di regolamentazioni, amplificando così la pressione sulle scorte globali.
Anche se alcuni stock ittici europei si sono stabilizzati, grazie ad alcune misure adottate nell’ambito della Politica Comune Europea della Pesca, ci sono ancora, secondo la Commissione Europea, il 48% degli stock ittici in Atlantico sovrasfruttati, una cifra che sale al 93% nel Mediterraneo. La pesca eccessiva nel Mare Nostrum ha raggiunto un punto critico. E ‘prevedibile che il trend continuerà, se non vengono prese le giuste misure.
Al fine di sensibilizzare i consumatori, il WWF ha lanciato il progetto #fishforward per informare sugli impatti sociali e ambientali del consumo di pesce di mare e raccomandare l’acquisto di pesce sostenibile.
“Sia per prodotti ittici nazionali che per quelli importati, il consumatore deve scegliere un pescato sano, fresco e sostenibile. Questo aiuta mari e oceani attraverso il recupero degli stock ittici , e garantisce la stabilità economica ed i mezzi di sussistenza di quelle comunità che , in tutto il mondo, dipendono dalla pesca e dalla disponibilita del pesce”, conclude Donatella Bianchi. Il WWF offre a consumatori, giornalisti, rivenditori, cuochi informazioni online complete su come scegliere un pesce sostenibile. Il sito di Fish Forward racconta come tutto sia collegato, a livello economico, sociale e ambientale e fornisce raccomandazioni per i consumatori, imprese e decision maker, in 11 lingue europee.