Il ruolo della natura nelle realtà urbane
Città che si trasformano per il benessere dei cittadini partendo dalla valorizzazione e difesa della biodiversità: non è un’utopia ma una realtà che si sta consolidando in città come Barcellona, Parigi, Londra, Amsterdam, le cui esperienze sono raccontate nell’ultimo rapporto “La Natura si fa cura” curato dal WWF per Urban Nature 2022 che si svolgerà il prossimo weekend in centinaia di città in tutta Italia promuovendo una grande raccolta fondi per realizzare 10 nuove Oasi in ospedale.
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Un piano strategico di sviluppo della rete ecologica urbana (REU) è lo strumento utilizzato a Barcellona tra il 2012 e il 2020 grazie al quale sono stati incrementati i legami tra le aree verdi urbane, aperti alcuni spazi verdi privati al pubblico e sviluppato un sistema di volontariato per preservare la rete ecologica con contributi sviluppati in concorsi di idee. Il risultato è una città in cui natura e urbanità convergono e si valorizzano a vicenda, con spazi verdi concepiti non come luoghi isolati ma come una vera e propria infrastruttura, con habitat connessi tra loro dove la natura è parte integrante del territorio con funzioni ambientali e sociali. Il Piano (Barcelona Greenery and Biodiversity Plan) è stato realizzato in linea con la strategia UE per la biodiversità per il 2030 e con quella definita dalle Nazioni Unite attraverso gli obiettivi di Aichi (2012/2020).
Stessi principi che sta seguendo la capitale francese: il Plan Biodiversitè Paris (2018-2020) ha visto impegnata l’amministrazione di Parigi per due anni nel coinvolgere cittadini, municipi, quartieri e associazioni. Un lavoro di programmazione che punta soprattutto alla piena partecipazione della cittadinanza e all’educazione come strumento per comprendere tutte le azioni previste. L’obiettivo per il 2024 è rendere il 50% del territorio parigino oggetto di analisi o inventario di biodiversità, con l’obiettivo del 100% nel 2030 e una conoscenza completa da parte dei parigini di questo patrimonio. Nel piano è prevista la crescita di un vero e proprio ‘fermento’ culturale legato alla biodiversità con mostre, dibattiti, eventi, con l’istituzione del ‘mese della biodiversità parigina’ e l’obiettivo di raggiungere nel 2030 1 milione e mezzo di partecipanti. Si punta soprattutto sui giovani, dall’asilo all’università, creando giardini pedagogici, scienze partecipative, kit per animatori e docenti e realizzando, ad esempio, un orto in ogni scuola. Le associazioni sono chiamate a lavorare con i Consigli di Quartiere e i cittadini utilizzando una piattaforma ‘Rendiamo vegetale Parigi’ (Vegetalisons Paris) per aiutare tutti a diventare giardinieri cittadini favorendo la biodiversità su balconi, tetti e realizzando giardini condivisi.
A Londra, per incrementare la biodiversità, si parte da una condizione diversa: nella città esistono meno di 33 ettari di spazi aperti tra parchi e giardini, gran parte dei quali piccolissimi, i cosiddetti ‘parchi tascabili’ inferiori a 0,1 ettari. C’è un estremo bisogno di spazi aperti capaci anche di mitigare gli effetti dell’inquinamento e del cambiamento climatico, creare strutture per il relax, il lavoro agile, il tempo libero e lo sport. Il Biodiversity Action Plan è lo strumento dell’amministrazione capace di garantire che specie e habitat siano compresi e considerati durante tutto il processo decisionale per modellare ambienti di qualità con obiettivi e azioni coordinate. Anche in questo caso si tratta di connettere la biodiversità attraverso reti pianificate, proteggendo e valorizzando gli habitat e le specie presenti. Nell’ambiente costruito il Piano propone azioni utili per migliorare e collegare gli spazi verdi e mira a coinvolgere i cittadini anche con attività di citizen science.
Nell’esempio di Amsterdam, con l’esperienza di Cascoland nel quartiere di Kolenkit, la difesa della biodiversità diventa strumento utile per risolvere situazioni di crisi sociale o di degrado, ma capaci di comunicare speranza e mutamento. Questo sobborgo periferico della capitale olandese, colpito dalla crisi del 2008 e definito come il quartiere più problematico d’Olanda, ha visto l’intervento di un collettivo che in poco tempo (6 mesi) e con pochi fondi ha rinsaldato il tessuto sociale recuperando spazi degradati e riutilizzando vuoti urbani che spesso caratterizzano le metropoli di tutto il mondo, ad esempio, creando su aree pavimentate degli orti urbani. Il messaggio di questa esperienza è universale: una società degradata non può avere rispetto per l’ambiente, e viceversa, una rete ecologica sana difficilmente potrà sussistere in un luogo degradato. Questi piccoli interventi hanno dimostrato che creando una “cornice” (la traduzione di ‘casco’ in olandese) si ricompone una frammentazione sociale grazie anche all’entusiasmo e alla partecipazione della comunità.
Città verdi per attenuare gli effetti del cambiamento climatico
Dare spazio in modo intelligente alla natura in città è anche un modo formidabile per affrontare sia l’adattamento che la mitigazione alla crisi climatica, in altre parole per attenuare l’impatto dei fenomeni estremi (ondate di calore, siccità, nubifragi, alluvioni e smottamenti) e per assorbire la CO2 che provoca il fenomeno. Le città sono particolarmente vulnerabili agli effetti del surriscaldamento globale, avendo elementi di fragilità intrinseca ed essendo dei sistemi rigidi e fortemente dipendenti dai territori almeno circostanti per l’approvvigionamento idrico e di risorse (a cominciare da quelle alimentari): il rapporto del WG3 dell’IPCC pubblicato nei mesi scorsi ci dice che questo rischio è destinato ad aumentare e avrà un fortissimo impatto, anche economico. Inoltre, la cementificazione e l’asfalto, nonché l’alta densità di automobili, insieme a situazioni geomorfologiche specifiche, possono provocare il fenomeno delle isole di calore, con temperature più elevate rispetto alle aree circostanti a causa dell’attività umana: le strutture come edifici, marciapiedi e strade, assorbono più calore e lo rilasciano più lentamente rispetto agli habitat naturali come foreste, fiumi e laghi.
La natura aiuta a combattere il fenomeno che, in presenza di ondate di calore e alte temperature per un tempo protratto, potrebbero rendere le città inabitabili. Spesso, poi, gli spazi verdi nelle aree urbane sono distribuiti in modo diseguale: parchi, strade alberate e tetti verdi sono nei quartieri ricchi e in via di sviluppo. Chi vive nei quartieri poveri non dispone di questi spazi e la loro introduzione non è una priorità per gli urbanisti, né necessariamente una richiesta da parte degli abitanti, soprattutto quando mancano le infrastrutture di base. Le soluzioni basate sulla natura sono una risposta anche alla crescente domanda di equità, con molteplici vantaggi: migliorare le infrastrutture, stimolare le attività economiche, sostenere la sicurezza alimentare (nelle aree non inquinate), migliorare l’inclusione sociale e affrontare l’inquinamento. Il ripristino degli ecosistemi e la creazione di barriere naturali, inoltre, può essere utile a contrastare e attenuare l’effetto dell’innalzamento del livello del mare nelle città costiere, almeno entro certi limiti.
Urban Nature 22, un weekend fra feste e solidarietà per la natura in città
Per ripensare le aree urbane del nostro paese ridando spazio alla biodiversità il WWF torna per la sesta edizione con Urban Nature: l’8 e il 9 ottobre ci saranno tante iniziative in tutte le regioni. Quest’anno, oltre agli eventi che coinvolgeranno bambini e adulti in percorsi guidati, feste, mostre, attività di citizen science (quello centrale si svolgerà presso l’Orto Botanico di Roma) si potrà aderire ad un grande progetto di solidarietà – La Natura si fa cura – regalandosi una felce. L’obiettivo è realizzare Oasi negli ospedali pediatrici creando aree verdi con alberi, bordure e siepi capaci di attirare anche insetti impollinatori come le farfalle, stagni didattici, orti rialzati. Un paradiso per la biodiversità e insieme un angolo di cura e benessere per i piccoli degenti che potranno beneficiare del contatto con la natura nei percorsi riabilitativi, soprattutto quelli a lunga degenza.