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Sabato 2 febbraio è la Giornata Mondiale delle zone umide

Laghi, fiumi, stagni e lagune sono gli ecosistemi più a rischio del pianeta Sono gli ecosistemi più a rischio del pianeta, eppure ci difendono da alluvioni e inondazioni, assorbono gas serra e sono i più ricchi in assoluto…

Laghi, fiumi, stagni e lagune sono gli ecosistemi più a rischio del pianeta

Sono gli ecosistemi più a rischio del pianeta, eppure ci difendono da alluvioni e inondazioni, assorbono gas serra e sono i più ricchi in assoluto di biodiversità. Il WWF li ha mappati in Italia grazie a un’azione di citizen science che ha raccolto quasi 2.000 segnalazioni e nella giornata mondiale delle zone umide pubblica i risultati della campagna One Million Ponds: almeno 200 piccole zone umide a rischio per il loro cattivo stato ecologico su cui bisogna intervenire subito con azioni di tutela e riqualificazione, oltre 850 quelle in buono stato, che possono essere valorizzate. Il censimento svolto dall’associazione ha consentito di raccogliere ben 1.957 segnalazioni on line e da comitati locali su questi ambienti naturali di transizione – dove terra e acqua si incontrano – tra i più a rischio del Pianeta, che sono straordinari bacini di vita per l’avifauna e per specie endemiche di anfibi, pesci, piante e insetti come rane, salamandre, libellule e ninfee e fondamentali serbatoi di CO2.

Le 1.957 aree umide rilevate dal WWF (il 68% delle quali hanno dimensioni al di sotto dei 1.000 mq) sono state individuate nel nostro Paese per la maggior parte (65%) in zone dove è rilevante la pressione di attività antropiche: il 52% sono in zone agricole e il 13% in aree urbane, mentre il 34% in aree ancora in un buon grado di naturalità.

Bisogna, quindi, tutelare queste aree riducendo significativamente le attività che li danneggiano, considerato, come ricorda il WWF, che il 90% delle zone umide sono scomparse nell’ultimo secolo nella sola Europa. Secondo la Commissione europea, fra il 1950 e il 1985 si sono registrate le perdite maggiori: in Francia (67%), Italia (66%), Grecia (63%), Germania (57%) e Olanda (55%).  Dei circa 3 milioni di ettari originari, all’inizio del ventesimo secolo, in Europa, ne restavano meno della metà, 1.300.000 ettari.

“Raggiugere entro il 2027 l’obiettivo del buono stato ecologico delle acque  stabilito dalla Direttiva Quadro Acque (sottoposta ad una consultazione europea sino al prossimo 4 marzo, vedi link ) costituisce un primo importante impegno da concretizzare attraverso un utilizzo efficace ed efficiente da parte dei due Ministeri dell’ambiente e delle politiche agricole e delle Regioni dei fondi europei, primo fra tutti quelli della PAC 2014-2020  con i Piani di Sviluppo Rurale (PSR) e da perseguire anche con una pianificazione urbanistica che dedichi attenzione alla progettazione e qualificazione, non solo dell’edificato, ma degli spazi liberi, delle aree naturali urbane  e della rete ecologica dei grandi e piccoli centri”, osserva il WWF.

Il WWF ricorda che le zone umide sono tra gli ambienti tutelati dalla Direttiva Quadro Acque e, insieme alle barriere coralline e alle foreste tropicali, sono gli ecosistemi con la più elevata biodiversità al mondo. Si stima che a questi ambienti sia legato circa il 12% delle specie animali presenti nel nostro Pianeta e il 40% della biodiversità, considerando anche le specie vegetali. Uno dei gruppi tassonomici più rappresentativo in questi ambienti è quello degli uccelli: a livello mondiale, su 9.895 specie esistenti, 878 (pari al 9%) sono strettamente legate alle zone umide. Nel nostro Paese la percentuale di uccelli acquatici presenti nelle zone umide è ancora più alta: 192 specie (31%) su 621, la maggior parte delle quali migratrici.

Il 2 febbraio è la Giornata Mondiale delle zone umide che celebra l’adozione della Convenzione Internazionale per la tutela delle zone umide firmata in questo giorno del 1971 a Ramsar in Iran. Quest’anno l’attenzione è sul clima: “we are not powerless againist climate change”. Le zone umide, infatti, sono tra i primi ambienti a subire gli effetti dell’effetto serra se le temperature cresceranno ancora di 2-3 gradi, se le precipitazioni si ridurranno del 25% e il livello del mare s’innalzerà.

Tutto questo quando il 90% di questi ambienti sono scomparsi nell’ultimo secolo nella sola Europa. Secondo la Commissione europea, fra il 1950 e il 1985 si sono registrate le perdite maggiori: in Francia (67%), Italia (66%), Grecia (63%), Germania (57%) e Olanda (55%).  Dei circa 3 milioni di ettari originari, all’inizio del ventesimo secolo ne restavano meno della metà, 1.300.000 ettari.
Le zone sono acquitrini, paludi o torbiere o acqua libera, sia naturali che artificiali, temporanee o permanenti, tanto con acqua ferma che corrente, dolce, salmastra o salata, incluse le zone di acqua marina la cui profondità, durante la bassa marea, non superi i sei metri, considerate “acque di transizione” nella Direttiva Quadro Acque (2000/60/CE).

L’importante Direttiva Quadro Acque che tutela la qualità delle acque interne è attualmente sotto osservazione da parte della Commissione europea ed è in atto una consultazione pubblica che si concluderà il 4 marzo a cui chiediamo di partecipare numerosi per far sentire la nostra voce in favore di questo importante strumento per la tutela delle acque. Il numero di questionari riempiti sarà determinante nei tavoli di discussione europei. Trovate tutto in QUI

Il WWF Italia ha lanciato nel 2018 la Campagna per la tutela delle piccole zone umide prendendo spunto dalla Campagna “One Million ponds” del Freshwater Habitat Trust inglese. Gli obiettivi principali della campagna sono di favorire un’adeguata conoscenza di questi ambienti e di sensibilizzare l’opinione pubblica riguardo la loro importanza, la loro tutela e la loro realizzazione.
E’ stato così avviato un censimento di stagni, paludi, e piccole zone umide, rivolto ai soci, volontari, esperti e al grande pubblico di sostenitori e simpatizzanti del WWF per disegnare un quadro della situazione nel nostro Paese.

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