Il ricorso della Regione Sardegna rispetto al decreto ministeriale che dà attuazione allo scenario di “phase out completo”, ossia l’uscita dalla produzione di energia elettrica dal carbone, il combustibile più inquinante e una delle prime cause del riscaldamento globale, non solo è dannoso per il percorso dell’Italia verso la piena attuazione dell’Accordo di Parigi sul clima ma rappresenta un’evidente frenata verso l’innovazione e la necessaria e giusta transizione della Sardegna verso politiche energetiche compatibili con il futuro.
Colpisce che mentre l’intera comunità scientifica internazionale esorti all’azione contro i cambiamenti climatici in atto, ci sia chi abbia l’obiettivo di bloccare il percorso italiano per l’uscita dal carbone, prevista con la Strategia Energetica nazionale per il 2025.
Rispetto a questo scenario sarebbe logico che la Regione Sardegna e Enel (che da quello che si legge sui giornali penserebbe a dei ricorsi) predisponessero rispettivamente un piano per una giusta transizione che non lasci nessuno indietro e piano che conduca alla chiusura degli impianti inquinanti entro la scadenza decisa dalla SEN e ribadito dalla Proposta di Piano Nazionale Integrato Energia e Clima.
Opporsi, oggi, al percorso verso un sistema energetico sostenibile e amico del clima non solo introduce un ostacolo nella transizione dalle fonti fossili a quelle rinnovabili ma è anche contro gli interessi dei cittadini sardi. Non esistono, infatti, ragioni tecniche che impediscano con un così adeguato preavviso (la chiusura è prevista nel 2025) di predisporre soluzioni tecniche e che permettano di transitare dal carbone alle rinnovabili garantendo, al contempo, il mantenimento dei livelli occupazionali e delle garanzie sociali.
Già oggi la Sardegna è in surplus di produzione energetica visto che consuma circa 8,4 TWh (miliardi di kWh) mentre ne produce ben 13,3 TWh: questo significa che esporta molta più energia di quanta ne utilizzi.
La Sardegna ha dinanzi una sfida ed opportunità che sarebbe assurdo non cogliere. L’assenza di altre infrastrutture energetiche sul gas e la necessità di chiudere le vecchie centrali a carbone può fare dell’isola un vero e proprio “laboratorio della decarbonizzazione” che, puntando sulle rinnovabili, sull’efficienza energetica, sui trasporti sostenibili, su una rete elettrica intelligente ed evoluta e su moderni sistemi di accumulo, spinga l’isola verso un futuro fatto di sviluppo sostenibile e di nuova e stabile occupazione.