La notte scorsa un gigantesco esemplare di tartaruga liuto (123 cm. per oltre 200 Kg. di peso) è stato consegnato dal peschereccio Carlotta di Porto Empedocle al Centro Recupero Tartarughe Marine di Lampedusa del WWF, diretto dalla biologa Daniela Freggi. Purtroppo, nonostante il prodigarsi dei pescatori e dei volontari in piena notte e fino all’alba, non c’è stato nulla da fare: l’animale, giunto al centro in coma, non ce l’ha fatta, probabilmente a causa della cosiddetta “malattia da decompressione”: nel sangue infatti il prof. Di Bello del Dipartimento di Medicina Veterinaria dell’Università di Bari (che collabora da anni con il Centro e che ha messo a punto innovative tecniche di chirurgia per estrarre ami e lenze da esofago e stomaco di questi rettili marini) ha trovato bolle di ossigeno.
“Questa sindrome è stata per la prima volta identificata da due giovani veterinari spagnoli e da allora il Prof. Di Bello studia ogni singolo caso. Con tutta probabilità, anche se dobbiamo aspettare l’esito della necropsia – sottolinea Daniela Freggi – la giovane liuto, di circa 20 anni è incappata nella rete a strascico, ma non ha retto il repentino passaggio dalle grandi profondità marine (con relativa pressione) alla superficie: sarebbe stato necessario, per salvarla, la presenza a bordo di una camera iperbarica, e non è bastata la perizia del capitano e dell’equipaggio del motopesca Carlotta, abituato a consegnare al centro animali di grandi dimensioni ! ”.
Ora gli esperti stanno cercando di raccogliere tutti i dati necessari per conoscere quanto più possibile la biologia di questo raro animale che entra nel Mediterraneo da neonata e dopo aver raggiunto la maturità ritorna nell’Atlantico.
E’ la seconda volta che il Centro di Lampedusa riceve dai pescatori una tartaruga liuto, vero e proprio gigante della famiglia dei cheloni che può raggiungere i 600 kg di peso, consumando prevalentemente meduse! La prima volta accadde nell’estate del 2014, e in quell’occasione un amo del motopesca lampedusano Serena si era conficcato in una pinna, ma l’animale era forte e dopo due giorni di convalescenza (con centinaia di visitatori in fila per osservarla in silenzio) l’animale fu rimesso in libertà.
“Il dispiacere per non essere riusciti a salvare la vita di questa giovane gigante dei mari si mitiga un po’ nel riconoscere di avere assistito ad una vera e propria gara di solidarietà: i pescatori hanno fatto il possibile per soccorrere la povera tartaruga, issarla a bordo e poi assisterla e trasportarla nel modo migliore. I volontari del centro hanno aiutato nella raccolta scientifica dei dati, perché la morte di questa meravigliosa creatura non sia del tutto vana, ma serva ad avvicinarci un po’ di più alla vita di un animale così antico” conclude Daniela Freggi.