Aperto uno squarcio sulla connessione tra caccia e bracconaggio
Le recenti operazioni condotte dai Carabinieri Forestali hanno svelato un panorama preoccupante di bracconaggio diffuso in tutta Italia con situazioni che in aree come Lombardia e Veneto assumono i caratteri di un vero e proprio allarme sociale e culturale. Le indagini hanno messo in luce una stretta connessione tra caccia e bracconaggio, sottolineando la necessità di un intervento urgente e responsabile da parte delle associazioni venatorie e della politica.
L’operazione “Pettirosso 2023”, condotta dal Reparto operativo SOARDA (Sezione Operativa Antibracconaggio e Reati in Danno agli Animali) del Raggruppamento Carabinieri CITES, nelle Prealpi lombardo-venete, ha portato alla denuncia di 123 persone per abbattimento e detenzione illecita di uccelli protetti e all’arresto di due individui per detenzione di armi clandestine e sostanze stupefacenti. Sono state inoltre sequestrate 1.338 trappole illegali, 75 fucili e quasi 3.564 uccelli, di cui solo 1433 ancora in vita. Il WWF ha fornito un supporto essenziale all’operazione attraverso le sue guardie volontarie e il Centro di Recupero Animali Selvatici (CRAS) dell’Oasi WWF di Valpredina, che ha accolto e salvato migliaia di uccelli, molti dei quali sono già stati rilasciati in libertà dopo le cure.
Ciò che preoccupa è il ruolo di queste aree come punto di approdo per traffici nazionali ed internazionali di uccelli “da richiamo”, in particolare tordi. Operazioni recenti hanno svelato un traffico di questi uccelli catturati illegalmente in Polonia e destinati agli allevatori lombardi. In un’unica operazione a giugno, sono stati ritrovati 559 uccelli in un’auto.
Altri 370 tordi, catturati illegalmente nel Sud Italia, sono stati scoperti pochi giorni fa dai Carabinieri di Perugia, stipati in minuscole gabbie nel bagagliaio di un’auto. Questi uccelli, quando riescono a sopravvivere al viaggio, vengono “ripuliti” dagli allevatori corrotti i quali appongono alla zampetta un anellino che serve a fingere che siano esemplari nati e cresciuti in allevamento. In questo modo gli animali possono essere messi in commercio, generando enormi profitti per le organizzazioni criminali coinvolte.
Gli strumenti di contrasto al traffico di uccelli selvatici a disposizione delle forze di polizia e della Magistratura risultano insufficienti. La politica è però immobile e quando si muove, anziché rafforzare le misure punitive, lo fa per aggravare ulteriormente la situazione: alcune regioni, come la Lombardia, stanno infatti addirittura adottando sanatorie. Un bel regalo ai bracconieri.
L’utilizzo dei cosiddetti uccelli da richiamo, oltre ad alimentare questi odiosi traffici illeciti è ormai un’assurdità da tutti i punti di vista perché si traduce in un maltrattamento legalizzato di animali selvatici, utilizzati alla stregua di oggetti. Una pratica oramai chiaramente non conforme ai principi costituzionali e contrastante con i valori che la società ha maturato in materia di rispetto per la natura e gli animali e per questo il WWF chiede che sia finalmente vietata.
In questo quadro le associazioni venatorie non possono più disinteressarsi limitandosi a dire che il bracconaggio e la caccia sono fenomeni diversi e devono assumere una posizione chiara e responsabile, isolando chi viola le regole e chiedendo che lo Stato rafforzi i controlli e aumenti le sanzioni. Troppo spesso i Carabinieri, le altre forze di polizia e i volontari delle associazioni di protezione ambientale che quotidianamente si battono per porre fine a questa pratica criminale sono ostacolati o addirittura attaccati in maniera inaccettabile anche da esponenti istituzionali che dovrebbero al contrario difendere e sostenere ogni azione diretta a garantire il rispetto delle norme ed a tutelare la biodiversità che è un bene di tutti.
L’intera società civile è chiamata a unirsi nella lotta contro il bracconaggio, affinché la politica e le istituzioni garantiscano un ambiente sicuro per la fauna selvatica e per coloro che dedicano la loro vita a proteggerla.