Il cervo italico (Cervus elaphus italicus), noto anche come cervo della Mesola, è un cervo autoctono della nostra penisola, un’entità faunistica diversificata dalle altre popolazioni europee di cervo rosso. L’ultimo nucleo di cervi italici è presente in una grande area recintata nella Riserva Naturale dello Stato “Bosco della Mesola”, in provincia di Ferrara, sul margine meridionale del delta del Po.
Questa popolazione rappresenta un’entità faunistica di estrema importanza, unica ed endemica dell’Italia peninsulare, ed è una delle poche in Europa a non essere mai stata oggetto di ripopolamenti con esemplari di popolazioni diverse. Ad oggi la popolazione conta circa 300 individui. Recenti studi genetici hanno permesso di evidenziare l’assoluta unicità di questo prezioso nucleo, che è stato riconosciuto negli ultimi anni come sottospecie unica.
Ma anche in semi-cattività, il cervo italico rischia l’estinzione, a causa innanzitutto dell’elevata consanguineità, e di diversi fattori naturali e antropogenici. Per questo, per garantire un futuro a questa popolazione unica occorre agire subito, identificando zone idonee, dove la competizione con altri ungulati selvatici sia limitata, e procedendo alla reintroduzione in natura di un numero di individui sufficienti a garantire la sopravvivenza della popolazione nel lungo periodo.
LE PRINCIPALI MINACCE PER LA SUA SOPRAVVIVENZA
Il cervo italico, un tempo diffuso in tutta la penisola, è stato via via decimato dalla trasformazione degli habitat e dalla caccia, fino a sopravvivere con pochi individui isolati nella foresta planiziale della Mesola. Grazie alle azioni di tutela garantite dal Corpo Forestale dello Stato, gestore dell’area, questa sottospecie è riuscita a salvarsi dall’estinzione, ma solo temporaneamente.
La conservazione a lungo termine del cervo della Mesola è oggi messa a rischio da diversi fattori: (1) fattori demografici, dovuti all’esiguità della popolazione e all’elevato tasso di consanguineità del nucleo residuo; (2) competizione con il daino, che presente in gran numero, può limitare l’utilizzo delle risorse per i cervi; (3) mancanza di altre popolazioni e quindi insufficiente scambio genetico; (4) bracconaggio, seppure in sensibile calo negli ultimi anni; (5) l’arrivo del lupo, che può avere un impatto importante su una popolazione residua relegata in spazi ristretti. Per garantire un futuro a questa popolazione unica occorre dunque da un lato migliorare le condizioni ambientali dell’areale attuale, sia delle aree aperte sia del sottobosco, e limitare la diffusione e la consistenza numerica dei daini, e dall’altro lavorare per riportare il cervo italico anche in altre aree idonee, in modo da formare altre popolazioni, fondamentali per la sopravvivenza della specie sul lungo periodo.
LE AZIONI NECESSARIE
Per garantire la sopravvivenza a medio-lungo termine di una popolazione di cervo italico in natura, in equilibrio con l’intero ecosistema forestale, è necessario riattivare quanto previsto dal Piano d’Azione Nazionale per il cervo della Mesola, redatto da attori di prim’ordine nella conservazione della natura italiana quali ISPRA (Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale), Carabinieri Forestali, Università di Siena e Istituto Zooprofilattico Sperimentale di Lazio e Toscana, ovvero la reintroduzione del cervo italico in natura, in aree al di fuori del suo areale relitto. Il ritorno in natura del cervo italico rappresenterebbe anche un alto valore simbolico non solo per una specie endemica della biodiversità italiana, ma anche per migliorare ulteriormente la tutela degli importanti habitat forestali mediterranei.
Nei decenni passati il WWF ha già contributo in maniera fondamentale a salvare dall’estinzione l’altro cervo endemico del nostro paese, il cervo sardo (Cervus elaphus corsicanus), grazie all’istituzione dell’Oasi WWF di Monte Arcosu, da cui la specie si è poi diffusa arrivando oggi a contare migliaia di esemplari: testimonianza che ridare vita a specie sull’orlo dell’estinzione è possibile: tutto questo è ReNature Italy.