Osservare e valutare con attenzione prima di qualsiasi intervento, a volte si possono creare effetti opposti rispetto alle intenzioni
La bella stagione, anche nei periodi in cui la pandemia ci costringe a particolari cautele, offre maggiori possibilità di incontrare fauna selvatica, sia in ambienti naturali che sempre più spesso anche in città. A volte si tratta di animali che a prima vista ci appaiono feriti, abbandonati o in difficoltà. Può essere però un’impressione ingannevole e non sempre è opportuno intervenire. Per quanto animato dalle migliori intenzioni, il nostro intervento può infatti creare un danno enorme all’animale che vorremmo aiutare. Prima di commettere errori che potrebbero essere irreparabili bisogna chiedersi se è davvero necessario prestare soccorso o se è invece meglio lasciarlo in natura, limitandosi tutt’al più a osservarlo da lontano.
Condizioni da valutare di volta in volta, tenendo però bene a mente alcuni principi di base. In primo luogo Carabinieri Forestali e WWF ricordano che la fauna selvatica è protetta e che ne è vietata la detenzione. Il recupero deve essere finalizzato esclusivamente al ritorno alla vita in natura ed è per questo sempre meglio contattare le autorità locali prima di improvvisare un intervento.
In concreto: quando ci si imbatte in un animale selvatico che appare ferito o in difficoltà bisogna evitare di avvicinarsi subito, restando invece a debita distanza e osservando la situazione da lontano per capire se ci sono effettivamente difficoltà e per valutare se e come intervenire. In linea generale interferire può essere necessario solo quando si vedono animali feriti, sanguinanti, tremanti, particolarmente deboli o, nel caso degli uccelli, con ali rotte, oppure che siano esposti a pericoli evidenti come, ad esempio, il traffico veicolare o l’eccessiva frequentazione di una zona.
In questo periodo dell’anno si incontrano spesso giovani uccelli: nel caso dei nidiacei (solo parzialmente impiumati) la cosa migliore è trovare il nido, che non dovrebbe essere troppo lontano, e riporlo lì o, se il nido non si dovesse trovare, fornirne uno alternativo con una scatola senza coperchio o un cestino, da sistemare sull’albero più vicino. Se invece l’uccello ha già le piume, cammina a terra e saltella, ha gli occhi aperti e non presenta ferite, non bisogna toccarlo: il piccolo sta provando a rendersi indipendente e i genitori sono probabilmente nei dintorni. Solo se ci fossero situazioni di pericolo come la presenza di cani e gatti o se l’animale fosse in mezzo a una strada o su un marciapiede trafficato, si può valutare lo spostamento in una zona più sicura nelle immediate vicinanze, come una siepe o il ramo di un albero. In entrambi i casi si può poi aspettare, a distanza, l’arrivo dei genitori; soltanto se non dovessero tornare, l’uccello va soccorso e portato in un centro di recupero utilizzando una scatola con dei fori. Particolare è invece il caso di rondini e rondoni che se avvistati a terra sono in genere in difficoltà e vanno comunque recuperati.
I piccoli di mammiferi non vanno invece mai neppure toccati, anche se apparentemente soli o indifesi: basta infatti un contatto anche minimo per imprimere l’odore dell’uomo e rischiare che la madre, quasi sempre nei paraggi, non gli si avvicini più. Questo significa condannare gli animali che crediamo di soccorrere a una vita in cattività, un rischio che corrono in particolare i cuccioli di cervo e capriolo spesso nascosti nell’erba alta, protetti dal loro mantello mimetico, in attesa che la madre torni ad allattarli. Bisogna lasciare il piccolo dove è stato trovato, allontanarsi in silenzio, non disturbarlo e non costringerlo a cambiare posizione: potremmo mettere a rischio la sua sopravvivenza e impedire alla madre di ritrovarlo. Se l’animale ci sembra ferito o in difficoltà o ancora se abbiamo la certezza che la madre non possa più occuparsene, è comunque sempre meglio contattare telefonicamente un centro di recupero per ricevere informazioni e consigli invece di improvvisare un intervento che potrebbe essere deleterio.
In tutti i casi in cui si renda davvero necessario intervenire e laddove non sia possibile provvedere al recupero e alla liberazione dell’animale in piena autonomia è bene ricordare che la legislazione regionale vigente prevede che per il soccorso, la detenzione temporanea e la successiva liberazione di fauna selvatica in difficoltà le Province, gli agenti di vigilanza, le associazioni, gli organismi e gli altri soggetti operanti in materia si avvalgono del “Centro recupero fauna selvatica” di Pescara, salvo la possibilità per le aree naturali protette di provvedere autonomamente.
Carabinieri Forestali e WWF, in forza del Protocollo di collaborazione siglato a livello nazionale, si ripropongono, non appena sarà possibile, organizzare corsi in presenza a livello provinciale sul primo soccorso della fauna selvatica al fine di fornire le giuste informazioni a quanti sono particolarmente sensibili al tema.