La Campagna ReNature è anche protezione delle specie a rischio
Dopo il minimo storico toccato negli anni ’70, quando si contavano non più di 100 individui confinati in alcune aree dell’Appennino centro-meridionale e il WWF diede avvio con il Parco d’Abruzzo al’Operazione San Francesco, oggi la popolazione di lupo in Italia ha decisamente migliorato il suo status di conservazione: grazie alla sua tutela legale e all’aumento tanto delle foreste quanto delle specie preda, il lupo ha ricolonizzato spontaneamente buona parte della Penisola, compresa una porzione significativa dell’arco alpino, dal quale era scomparso negli anni ’20 del secolo scorso, fino a raggiungere molte aree collinari, pianeggianti e litoranee. Nonostante la crescita demografica e l’espansione spaziale della popolazione, il lupo rimane però una specie vulnerabile, a causa di minacce di origine antropica.
Gli studi più recenti (2016) stimano la presenza di 1269-1800 individui nell’Italia peninsulare, sebbene
il trend sia in aumento. Sulle Alpi invece, i dati più recenti, riferibili al campionamento 2017-18 del Progetto Life WolfAlps, indicano la presenza di un numero minimo di 293 individui, ma un nuovo censimento coordinato da ISPRA potrà restituire a breve dati più aggiornati. Se da un lato questi risultati mostrano un chiaro incremento della popolazione, frutto delle dinamiche sopra indicate, tuttavia non sono venute meno le criticità.
LE MINACCE: BRACCONAGGIO, MORTALITÀ ACCIDENTALE E IBRIDAZIONE CON IL CANE
Sicuramente la mortalità di origine antropica rappresenta la prima minaccia per il lupo in Italia: bracconaggio, incidenti stradali e malattie trasmesse da domestici provocano ogni anno centinaia di decessi tra i lupi. Sebbene manchino numeri certi, gli esperti stimano che almeno 400 lupi ogni anno muoiano per cause umane. Tra queste, la principale causa di mortalità sono gli incidenti stradali, seguiti dal bracconaggio. Va considerata certamente anche la difficoltà di trattare questi dati, non sempre completi. Infatti, soprattutto i lupi uccisi da arma da fuoco, laccio o esche avvelenate, sono molto più difficili da rinvenire e conteggiare rispetto a quelli morti per incidenti stradali e ferroviari. Oltretutto, anche dietro a decessi per investimento stradale si possono nascondere episodi di avvelenamento, che debilitano i lupi esponendoli maggiormente al rischio incidenti. Il bracconaggio è originato dal conflitto (reale) che la presenza del lupo genera con la zootecnia e da quello (principalmente solo percepito) con il mondo venatorio. Il conflitto con gli allevatori, seppure nel complesso inferiore rispetto a quelli causato da molte altre specie (in particolare da parte dei cinghiali), può localmente avere un impatto elevato su alcune aziende zootecniche. In molte aree le azioni di prevenzione dei danni (recinzioni fisse e mobili, cani da
guardiania, pascolo sorvegliato) hanno localmente permesso di attenuare con successo i danni subiti dagli allevatori, ma il conflitto rimane alto in molte zone d’Italia, in particolare nelle aree di recente ricolonizzazione della specie. Ma la mortalità di origine umana può determinare anche la disgregazione delle unità sociali dei lupi, i branchi, con ripercussioni non solo sullo stato di conservazione a scala nazionale, ma anche aumentando il rischio di predazione su bestiame domestico e di un altro fattore, più subdolo, che mette a rischio la conservazione del lupo: l’ibridazione con il cane, causata dalla diffusa presenza di cani randagi e vaganti in alcune aree italiane. Le conseguenze più importanti dell’incrocio con il cane sono legate alla perdita di adattamenti alla vita selvatica a causa dell’acquisizione di geni del cane domestico, meno adatti alla vita in natura, che si trasmettono per generazioni nella popolazione selvatica.
L’IMPEGNO WWF PER IL LUPO
Il lupo è considerato una specie-chiave per il corretto funzionamento degli ecosistemi, grazie al suo ruolo fondamentale di predatore al vertice della catena alimentare. Nonostante la sua fondamentale importanza, ancora oggi diverse minacce mettono a rischio la sopravvivenza della specie. La progressiva espansione del lupo in Italia ha portato al suo ritorno in contesti dai quali era scomparso in tempi storici per mano dell’uomo. Questo fenomeno, che ha visto il lupo ricolonizzare spontaneamente anche aree di pianura e litoranee, spesso prossime a grandi città, riaccende antichi conflitti e ne genera di nuovi, alimentando in numerosi contesti anche un infondato allarmismo sociale. Da circa 150 anni non si registrano attacchi mortali di lupo all’uomo in Italia, a conferma di come le paure per la sicurezza pubblica siano statisticamente prive di fondamento, frutto di leggende piuttosto che di dati reali.
Il WWF, con il suo progetto, mira a mantenere una popolazione vitale di lupo in equilibrio con gli ecosistemi, riducendo la mortalità antropica causata da incidenti stradali e dal bracconaggio, e in parallelo favorire la coesistenza con le attività umane, prevenendo i danni all’allevamento e migliorando il grado di conoscenza e accettazione della specie nell’opinione pubblica.
Nel dettaglio, le azioni hanno come obiettivo:
1. Riduzione del bracconaggio, fornendo alle Guardie Volontarie WWF i mezzi più idonei (radio, carburante, binocoli infrarossi e fototrappole) per pattugliare il territorio, soprattutto nelle zone più sensibili.
2. Riduzione della mortalità accidentale, con la realizzazione di attraversamenti stradali ‘sicuri’ nelle zone dove sono avvenuti ripetuti investimenti stradali di lupi, mediante l’apposizione di dissuasori visivi e acustici anti-attraversamento, che segnalano agli animali il passaggio di auto.
3. Prevenzione dei danni alla zootecnia, tramite il sostegno agli allevatori virtuosi come quelli di DifesAttiva e del progetto Pasturs, garantendo il mantenimento di cani da guardiania e altri strumenti di prevenzione che, se opportunamente gestiti, costituiscono uno dei sistemi più efficaci per la prevenzione dei danni, proteggendo al contempo greggi, allevatori e lupo.
4. Miglioramento della coesistenza uomo-lupo, tramite l’organizzazione di campi di volontariato, eventi pubblici di divulgazione e la diffusione di materiale informativo nelle aree di recente ricolonizzazione.
5. Miglioramento delle conoscenze scientifiche sulla specie, tramite il supporto agli enti preposti per le attività di monitoraggio a livello nazionale, grazie alla preziosa rete di volontari attivi in tutto il Paese.