Le minacce
In Africa ogni anno circa 4 milioni di ettari di foresta vengono distrutti per lo sfruttamento forestale e sotterraneo (miniere di preziosi metalli), una superficie grande tre volte il Belgio. Poi c’è il bracconaggio in particolare mirato al commercio di “bushmeat”, la cosiddetta “carne di foresta”. La carne di gorilla, scimpanzé e altri animali selvatici è un cibo ricercato nei mercati clandestini di molti Paesi e venduto a prezzi altissimi.
Poi ci sono gli scontri civili e militari: nel report IUCN del 2021 “Conflitti e Conservazione” il gorilla di montagna è fra le 200 specie animali che ancora oggi soffrono di più per tutto questo. E a rischiare la vita ogni giorno non sono solo loro, ma anche i ranger e gli abitanti delle comunità locali. Nel Parco Nazionale di Virunga, la più antica area protetta africana con un secolo di storia, negli ultimi 20 anni sono morti quasi 200 ranger.
La pandemia ostacola le azioni di conservazione
Ma non è finita, c’è un altro nemico che abbiamo in comune con i gorilla e che ormai conosciamo bene: il Covid19. La pandemia ha interrotto il flusso turistico, che rappresentava una importantissima fonte di reddito per le aree come Virunga e le attività illegali sono purtroppo aumentate. Durante la pandemia un bracconiere ha ucciso Rafiki, uno dei più carismatici silverback (maschi adulti) del Virunga. La diffusione di un’epidemia da Coronavirus fra questi primati, poi, vorrebbe dire perderli per sempre.
Di recente gli straordinari sforzi di conservazione del WWF e del ICCN si sono tradotti con la nascita di 24 giovani gorilla nella passata stagione riproduttiva all’interno delle riserve africane.
Nelle aree protette di Dzanga-Sangha, in Repubblica Centrafricana, i ranger erano già pronti per rispondere al Covid, con rigide misure sanitarie, perché consapevoli dei rischi per i gorilla se si trasmettono loro agenti patogeni umani. L’epidemia di Ebola di venti anni fa, infatti, aveva avuto un impatto devastante sulle grandi scimmie, con alcune aree che hanno visto un declino fino al 95% dei gorilla.
Ora che il parco è stato riaperto al pubblico, solo i visitatori vaccinati contro il Covid-19 potranno accedervi e tutti dovranno sottoporsi a un test rapido nel giorno di visita. Per rafforzare l’efficacia del programma, il WWF sostiene gli sforzi per aumentare la consapevolezza sulle malattie zoonotiche all’interno delle comunità locali e indigene e incoraggia la gente a segnalare tutte le carcasse di animali selvatici rinvenute.
Anche noi possiamo giocare un ruolo importante nella grande sfida per proteggere i gorilla da tutti i nemici che minacciano il loro futuro, gli stessi nemici che mettono in pericolo anche noi.
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Salviamo le specie in pericolo
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Da più di 30 anni il WWF lavora nella riserva di Dzanga Sangha, insieme al governo della Repubblica Centrafricana e le comunità locali per tutelare e sostenere la gestione di queste straordinarie foreste in cui coesistono gorilla, elefanti di foresta e comunità umane.