Confusione normativa e pochi rischi per chi si macchia di questi reati
L’uccisione dell’orsa Amarena ha riportato alla luce il dibattito sulle strategie di conservazione ma, inevitabilmente, anche sugli aspetti legali e quindi sulle pene previste. Vediamo cosa rischia in Italia chi si macchia di quelli che al WWF chiamiamo “crimini di natura”. In caso di uccisione di un orso – che in Italia rientra tra le specie “particolarmente protette” ai sensi dell’art. 2 della Legge n. 157/1992 – la possibile condanna è estremamente blanda.
Innanzitutto va osservato che sulle pene applicabili c’è una certa confusione normativa dovuta al sussistere di diverse previsioni. È quindi fondamentale comprendere per quale reato la magistratura intende procedere. Va poi considerato che solitamente perché una pena venga effettivamente scontata è necessario arrivare al terzo grado di giudizio, con conseguente rischio di prescrizione.
Il colpevole potrebbe cavarsela con il pagamento di mille euro
Se si dovesse applicare l’art. 544 bis (Uccisione di animali) la pena sarebbe la reclusione da 4 mesi a 2 anni. Se si dovesse applicare l’art. 30 della Legge n. 157/1992 la pena sarebbe l’arresto da 2 a 8 mesi o l’ammenda da 774 a 2.065 euro. In tal caso, trattandosi di reato contravvenzionale, l’alternatività tra arresto e ammenda consentirebbe l’applicazione dell’oblazione facoltativa che comporta l’estinzione del reato previo pagamento di una somma pari alla metà del massimo dell’ammenda. Vale a dire che con il pagamento di poco più di mille euro (probabilmente meno di quanto è costato il fucile con cui si è ucciso l’animale) il responsabile sarebbe libero e avrebbe anche la fedina penale pulita.
In ogni caso affinché il colpevole sconti effettivamente la pena non gli deve essere concessa la sospensione condizionale della stessa (possibile perché prevista per i reati con pena fino a 2 anni), né una pena alternativa, ad esempio l’affidamento in prova ai servizi sociali.
Da anni il WWF Italia presenta proposte di legge finalizzate a razionalizzare la normativa e ad inasprire le pene per chi si macchia di questi crimini contro la natura, in particolare durante la discussione parlamentare che portò all’introduzione dei cosiddetti eco-reati. Ad oggi tutte le iniziative non sono state però recepite dalle maggioranze parlamentari succedutesi.
Dante Caserta, Responsabile Affari legali e istituzionali WWF Italia