Rispetto alla crisi climatica che stiamo vivendo il 2024 è stato un anno record in tutto il mondo, ma le persone e la natura europei hanno sofferto davvero moltissimo: dalle alluvioni, che hanno coinvolto mezzo milione di persone e causato ben 335 morti, alle ondate di calore del 60% superiori alla media, agli incendi forestali che hanno sconvolto la vita di almeno 42 mila persone (sempre in Europa).
I dati del Rapporto 2024 sullo Stato del Clima, resi noto oggi dal Servizio Cambiamento Climatico di Copernicus e dall’Organizzazione Meteorologica Mondiale, non lasciano spazio a dubbi: i cittadini europei sono esposti a un rischio sempre più forte, gli eventi estremi climatici aumentano, bisogna fare di più.
Il dovere dell’Europa
Per il WWF, abbattere le emissioni climalteranti è un dovere per l’Europa, tra i continenti che hanno contribuito maggiormente alle emissioni cumulative (storiche) di CO2, dopo il Nord America (in particolare, gli Stati Uniti). La CO2 è un gas serra che le attività umane emettono in atmosfera con l’uso dei combustibili fossili. Abbattere velocemente le emissioni è anche una necessità, perché gli effetti dell’aumento di concentrazione in atmosfera vede l’Europa tra i più colpiti.
L’importanza di accelerare
La percentuale di produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili in Europa ha raggiunto un livello record nel 2024, pari al 45%, rispetto al precedente record del 43% nel 2023, riflettendo gli sforzi dell’Europa verso un sistema energetico decarbonizzato. Il numero di Paesi dell’UE in cui le energie rinnovabili generano più elettricità dei combustibili fossili è quasi raddoppiato dal 2019, passando da 12 a 20. Buone notizie, ma bisogna accelerare.
“Per convincere il mondo ad agire in fretta, dobbiamo dare il buon esempio -sottolinea Mariagrazia Midulla, responsabile Clima ed Energia del WWF Italia– Per questo occorre mantenere gli impegni presi e seguire un percorso conseguente: su questo la UE dovrà decidere presto, varando il proprio contributo all’obiettivo dell’Accordo di Parigi dopo il 2030 che, nel sistema europeo, vuol dire anche fissare un target di riduzione delle emissioni al 2040 congruo e senza scappatoie. Dobbiamo anche pensare alle conseguenze del riscaldamento globale già in atto: i piani di adattamento, oggi dipendenti dalla buona volontà dei singoli attori, specie di quelli non statali, devono vedere un forte coordinamento e adeguati finanziamenti da parte degli Stati”.
L’Italia, un cattivo esempio
Inoltre, secondo Midulla, “L’Italia non è un buon esempio, ancora non ha varato nemmeno l’Osservatorio, il coordinamento operativo, né tantomeno ha iniziato l’attuazione del Piano Nazionale varato alla fine del 2023. Le riviste scientifiche notano che negli USA sono diminuite le informazioni sul cambiamento climatico sui media, quasi a voler risolvere il problema omettendolo. Anche in Italia, a fronte di eventi estremi ormai settimanali, se non addirittura quotidiani, assistiamo a un fenomeno simile. E proprio in questi giorni aziende e politici paiono dimenticare i danni causati alla salute di migliaia di cittadini dalle centrali a carbone, proponendo di rinviare la loro chiusura: per i danni al clima e alla salute, saranno i cittadini a chiamarli alle proprie responsabilità”.