Le bioenergie possono essere un alleato per la decarbonizzazione italiana, ma per far sì che lo siano è importante che rispettino i criteri di sostenibilità e siano impiegate solo nei settori dove non sono disponibili alternative. È questo il messaggio lanciato dal report “Il ruolo delle bioenergie nella strategia di decarbonizzazione nazionale” realizzato da Domenico Gaudioso – GHGMI-I (Greenhouse Gas Management Institute Italia) per il WWF Italia e pubblicato oggi. Lo studio ha analizzato il ruolo delle bioenergie nelle strategie di decarbonizzazione italiane, con specifico riferimento alle diverse filiere tecnologiche e alle materie prime che si prevede di utilizzare.
Un ruolo importante
Le bioenergie sono l’insieme di tecnologie utilizzabili per la produzione di energia o vettori energetici (combustibili e carburanti) a partire dalle biomasse (organismi viventi, come piante o animali). Secondo le organizzazioni internazionali che si occupano di clima ed energia (come l’IPCC, l’IEA, l’IRENA), queste fonti possono svolgere un ruolo importante nel consentire al sistema energetico globale di raggiungere emissioni nette pari a zero entro il 2050.
I rischi ambientali
Le strategie dell’Unione europea puntano molto sulle bioenergie. I rischi di un aumento non controllato delle bioenergie sono però molteplici. Gli effetti negativi potrebbero riguardare la concorrenza con i terreni per la produzione alimentare e la silvicoltura, l’uso dell’acqua, gli impatti sugli ecosistemi e i cambiamenti nell’uso del suolo. Come osserva l’Unione Internazionale per la Conservazione della Natura, alcuni di questi impatti negativi sono accentuati dalla previsione di una produzione su scala industriale. Quest’ultima favorirebbe il ricorso a monocolture dedicate su larga scala e accentuerebbe le conseguenze in termini di cambiamenti di uso del suolo e di deforestazione.
I problemi geopolitici e nelle emissioni
Un’altra pericolosa illusione sarebbe pensare che i biocarburanti possano rappresentare una alternativa in toto ai combustibili fossili nel settore dei trasporti. L’analisi del ciclo di vita dei biocarburanti liquidi mette invece in evidenza come la stragrande maggioranza dei biocarburanti oggi sul mercato europeo, proveniente da colture agricole, offra pochi, o addirittura nessun miglioramento del bilancio complessivo delle emissioni di gas serra rispetto alla benzina fossile o al diesel.
Non bisogna inoltre sottovalutare gli effetti geopolitici nella scelta della via dei biocarburanti liquidi. Il loro incremento dei consumi sta già aumentando la dipendenza dell’UE, e in particolare dell’Italia, dalle economie extra-UE, e in particolare dalla Cina. Importante quindi non pensare che queste forme di energia siano la soluzione per i problemi della sovranità energetica.
L’utilità per le hard to abate
L’unico percorso realistico verso una profonda decarbonizzazione del trasporto leggero su strada entro i tempi previsti dagli obiettivi di Parigi è quello che prevede l’uso dei veicoli elettrici a batteria. Gli utilizzi del biogas/biometano possono invece essere tra le soluzioni utili per soddisfare i consumi delle attività le cui emissioni non possono essere ridotte in altro modo. Si tratta delle cosiddette attività hard-to-abate: chimica, cemento, acciaio a ciclo integrato, acciaio da forno elettrico, carta, ceramica, vetro e fonderie. Per queste attività, il biometano può avere un ruolo importante, soprattutto in vista delle scadenze previste per il 2030, quando non saranno ancora disponibili altre opzioni low carbon, come l’idrogeno verde.
Lo scenario italiano
A livello italiano, l’uso energetico di biomasse, biogas e bioliquidi e della frazione organica dei rifiuti solidi urbani è andato aumentando costantemente a partire dal 1998. Tanto che nel 2021 si è arrivati a 11,2 Mtep. All’orizzonte 2030, la produzione di biometano a partire dalle biomasse residue dell’agricoltura, degli allevamenti, dell’industria agroalimentare e della frazione organica dei rifiuti potrebbe raggiungere all’incirca 3,0 miliardi di m3. Il tutto senza senza impatti rilevanti sull’ambiente e sull’uso del suolo. Il WWF esprime invece la propria preoccupazione per l’eventuale utilizzo di colture a rotazione e soprattutto di colture dedicate. Quest’ultimo rappresenterebbe una seria minaccia per l’uso e la disponibilità di acqua, l’erosione del suolo e il degrado del territorio.
Le istituzioni devono attivarsi
In questo contesto il ruolo delle istituzioni è molto importante. Per far sì che la crescita degli utilizzi energetici delle biomasse sia un alleato della decarbonizzazione è necessario prima di tutto avere dati e statistiche su di esse. I dati relativi agli usi energetici delle biomasse sono però cruciali Questo vale in particolare, per l’attuazione della direttiva ETS e del regolamento Effort Sharing. Senza dimenticare la predisposizione dei Piani integrati per l’energia ed il clima richiesti dal regolamento sulla governance energetica. Lo sforzo per ottenerli dovrebbe coinvolgere, con risorse adeguate, tutti gli organismi interessati, dal Ministero dell’Ambiente (MASE) al Ministero per l’Agricoltura (MASAF), all’ISPRA, al CREA e all’ISTAT.
“Non bisogna sprecare le bioenergie”
“I maggiori ostacoli alla transizione energetica giusta sono l’assenza di una vera governance e l’incapacità di avere una visione generale e sottrarsi all’influenza degli interessi particolari -dice Mariagrazia Midulla, responsabile Clima ed Energia del WWF Italia– Le bioenergie possono essere sostenibili, cioè derivanti davvero da residui e certificate, ma in quantità molto inferiori a quelle di cui si favoleggia, e comunque mai vicine a usi massicci come quelli della mobilità su ruote o della sostituzione del metano per edifici e servizi”.
“Noi oggi le stiamo sprecando o, meglio, le stiamo usando per ritardare l’elettrificazione dei trasporti e dell’uso domestico del gas. Occorre invece pianificarne da subito l’utilizzo nei settori energivori e nel trasporto marittimo e aereo. Se continueremo a perseguire obiettivi impossibili, a rimetterci saranno non solo la biodiversità e le foreste, e già questo è un pericolo enorme: ci rimetterebbe anche l’economia del Paese, condannata sempre a rincorrere la transizione energetica, senza mai diventarne protagonista”.