Pochi giorni fa parlamento indonesiano ha dato il via libera al trasferimento della capitale da Giacarta ad una remota località sull’isola del Borneo, a 2.000 chilometri di distanza, che si chiamerà ‘Nusantara’.
Giacarta sta affondando
Due anni fa era stato il presidente dell’Indonesia Joko Widodo a proporre di spostare la capitale dalla metropoli di 30 milioni di abitanti, per far fronte all’innalzamento del livello del mare e alla grave pressione abitativa sull’isola densamente popolata di Giava.
Giacarta, che ospita oltre 30 milioni di persone nella sua grande area metropolitana, è stata a lungo afflitta da gravi problemi infrastrutturali e da inondazioni aggravate dagli effetti del cambiamento climatico, tanto che secondo gli esperti, entro il 2050 fino a un terzo della città potrebbe essere sott’acqua.
Una nuova capitale nel Borneo
La nuova capitale coprirà circa 56.180 ettari nella provincia del Kalimantan orientale, nella parte indonesiana del Borneo, che il Paese condivide con la Malesia e il Brunei, dove si trova uno degli hot-spot di biodiversità più importanti al mondo. In tutto, 256.142 ettari sono stati destinati al progetto, con il terreno aggiuntivo destinato a un potenziale ampliamento futuro. I primi piani per la nuova capitale descrivono un progetto utopistico volto a creare una città “intelligente” rispettosa dell’ambiente, ma non tutti condividono il progetto, avviato nel 2020 poi ostacolato dalla pandemia di Covid-19.
Le preoccupazioni per l’ambiente
Sono tante le preoccupazioni dal punto di vista ambientale per il progetto che prevede di spostare la capitale.
Per prima cosa, promettere che la nuova capitale sarà “green e sostenibile” non è sufficiente e soprattutto non potrà mai compensare i danni che questo spostamento provocherebbe dal punto di vista ambientale, è stato calcolato -infatti- che questa nuova capitale potrà ospitare “solo” 1,5 milioni di persone, quando quella esistente ne ospita ben 30, se considerata l’intera area metropolitana.
La perdita di habitat pieni di vita
Il progetto prevede che la creazione della nuova capitale necessiterebbe di circa 200 mila ettari di superficie, ora quasi tutti coperti da foreste e non lontano da due riserve naturali. Il numero di alberi che verrebbero distrutti e di animali che perderebbero il proprio habitat naturale, e quindi la vita, sarebbe incredibilmente alto. Si prevede che la superficie forestale si ridurrà del 12% prima del 2050 e così di conseguenza anche alcune popolazioni animali, ad esempio di più di un terzo quella degli oranghi del Borneo e delle nasichee (le scimmie con il caratteristico naso allungato).
Viene inoltre stimato che la deforestazione provocherebbe l’emissione di ingenti quantità di CO2 in atmosfera, stimate in 48 milioni di tonnellate. L’Indonesia ha appena firmato alla COP26 di Glasgow l’accordo per contrastare il cambiamento climatico e fermare la deforestazione entro il 2030, eppure il progetto in essere sembrerebbe mostrare il contrario. Inoltre, il fatto che una capitale sorgerebbe a così stretto contatto con la foresta renderebbe allarmante il rischio di incendi ricorrenti.
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Non solo foreste
Il Borneo non ospita solo foreste, ma altri preziosissimi ecosistemi, come le mangrovie e le torbiere, basti pensare che il 36% delle torbiere tropicali al mondo si trovano in Indonesia. Questi ecosistemi sarebbero a loro volta degradati. Anche il vulnerabile paesaggio calcareo dell’isola andrebbe intaccato per il rifornimento delle materie prime necessaria per le enormi quantità di cemento necessarie a costruire la nuova capitale.
Un destino che potrebbe essere lo stesso
Creare la città in un’area ricca di zone umide, poi, rende estremamente alto il rischio di inondazione a causa dell’instabilità dello spartiacque. L’arrivo di milioni di persone, inoltre, accelererebbe incredibilmente il consumo delle preziose risorse naturali dell’isola, già assai vulnerabili e in parte minacciate.
Infine, è ritenuto che non ci sia assolutamente sufficiente energia rinnovabile per fornire la nuova capitale, rischiando di renderla nuovamente fortemente dipendente dal carbone come lo è ora quella attuale e quindi di avere una nuova capitale che, oltre a distruggere un’area preziosissima dal punto di vista ambientale, soffrirebbe inevitabilmente lo stesso destino di Giacarta.