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Il nostro equilibrio nella foresta

20 anni in Africa a studiare i grandi primati. Il racconto dei primatologi Chloé Cipolletta e David Greer fra successi raggiunti e sfide ancora da vincere

Due vite parallele, una passione unica

Quando passione e attrazione per la natura vivono in te, non puoi ignorarle. «Fin da bambina era come se lo sapessi già: nella mia vita avrei avuto a che fare con gli animali e volevo lavorare sul campo». Chloé Cipolletta è nata al centro di Roma, ma la natura l’ha sempre avuta nel cuore e gli animali avrebbe voluto studiarli tutti.

Poi ha scelto i primati, «perché suscitano grande empatia e quando li vedi hai la sensazione di incontrare un altro mondo, un mondo diverso ma che puoi capire, nel quale poterti immedesimare».

Una femmina di gorilla nella foresta di Dzanga Sangha, in Repubblica Centrafricana
© Gesa Koch-Weser /WWF

Dall’altra parte del globo, a Kansas City, David Greer era nato con quella stessa passione, che negli anni, prima da volontario poi da ricercatore, lo ha portato a dedicarsi alla natura e nello specifico ai primati.

«Sapevo che le popolazioni, in particolare quella dei gorilla di montagna, stavano diminuendo a causa del bracconaggio- racconta David-. La mia prima idea era di lavorare con questa specie, poi all’inizio degli anni ’90 ho avuto la fortuna di conoscere Jane Goodall e sono partito con lei in Tanzania per seguire il suo programma dedicato agli scimpanzé».

Anche Chloé ha iniziato con un progetto di abituazione degli scimpanzé per la ricerca, ma in Costa d’Avorio. «Preparavo la tesi di laurea e per poterli studiare li dovevo abituare. È stata un’esperienza straordinaria, che mi ha fatto capire come per me non fosse importante solo fare ricerca: volevo contribuire nella conservazione e lavorare con le comunità umane che insieme a questi animali convivono».

Chloé Cipolletta a Dzanga Sangha
La primatologa Chloé Cipolletta mentre osserva un gorilla che sembra ricambiare il suo sguardo

Il loro incontro nel cuore dell’Africa

È nel cuore verde dell’Africa e grazie al WWF che le loro vite si incrociano. «Nel 1998 stavo abituando un gruppo di gorilla di pianura per la ricerca nelle aree protette di Dzanga Sangha, in Repubblica Centrafricana- spiega David-. Quello stesso anno, Chloé si è unita al progetto WWF rivolto a sviluppare un programma di abituazione dei primati per l’eco-turismo».

La vita nella foresta

Chloé e David hanno lavorato a stretto contatto con il popolo BaAka (pigmeo), creando con loro un vero equilibrio. «Non avremmo mai vissuto per oltre 20 anni in foresta se non ci fossimo sentiti parte di una comunitàracconta Chloé, che David l’ha sposato proprio con una cerimonia tradizionale BaAka-. Il ruolo delle comunità indigene nelle attività di conservazione è determinante e impossibile da semplificare: la loro conoscenza intima della foresta e la capacità esperta di localizzare i gorilla sono state necessarie per sviluppare il turismo dei gorilla ma anche per agire contro il bracconaggio. Lavorare con il WWF a Dzanga Sangha ci ha permesso di dare molto valore a queste popolazioni, che sono veri “dottori” in foresta ma storicamente vengono considerate “inferiori”».

Chloé Cipolletta e David Greer durante la loro cerimonia di nozze nella foresta
Un’immagine della cerimonia Baka nella foreste di Dzanga Sangha con cui Chloé e David si sono sposati

Il ruolo del turismo sostenibile

L’ecoturismo è un mezzo che produce entrate importanti, sia per mantenere e sostenere gli sforzi di conservazione, sia per far lavorare le comunità, ma come tale va sempre monitorato. «A breve termine si fa ricerca sulle reazioni degli animali, si vede ad esempio se il numero degli individui in un gruppo aumenta o diminuisce con la presenza dei turisti, ma poi a lungo termine bisogna vedere se come strumento di conservazione ha avuto l’effetto desiderato, cioè se la protezione dell’area si è mantenuta, se è aumentato il tenore di vita, se c’è consenso a livello locale e se non ci sono stati impatti sull’ambiente», aggiunge Chloé, che dal2015 lavora con la National Geographic in vari progetti.

Il lavoro del WWF in Africa

David Greer dal 2008 al 2018 ha guidato il programma WWF per la tutela delle grandi scimmie in Africa e in questi anni ha lavorato molto con i governi nella lotta al bracconaggio e alla corruzione, componente di cui si parla poco in relazione alle attività di conservazione ma che con queste interferisce in maniera rilevante.

«Se guardiamo all’indice di percezione della corruzione, l’Italia e il Camerun sono stati storica-mente nello stesso range. Più di recente, l’Italia è molto più in alto nella lista rispetto al Camerun (cioè, percepita come molto meno corrotta, ndr). In Camerun c’è una vera e propria cultura della corruzione che abbiamo provato a contrastare. Come WWF abbiamo lavorato e ottenuto successi su questo, abbiamo parlato molto di antibracconaggio ma c’è ancora tanto da fare, perché quella in cui vivono i primati è un’area piena di controversie», aggiunge Greer.

La mano di un gorilla a Dzanga Sangha
© WWF Carlos Drews

Il ruolo vitale della ricerca

Poi c’è la ricerca, vitale per proteggere i gorilla e tutte le specie in pericolo. «Quando siamo arrivati in Repubblica Centrafricana avevamo pochi dati sulla presenza dei gorilla e per di più non omogenei perché raccolti con criteri differenti e quindi non confrontabili fra loro. Il WWF ha svolto un incredibile lavoro di bio-monitoraggio e ora possediamo una banca dati importante, che viene di volta in volta aggiornata– spiega David-. C’è ancora un grande bisogno di investire sulla ricerca, la sfida da vincere per la tutela dei primati è aperta»

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