L’ABC DELLA SPECIE
Grazie alla riduzione del bracconaggio e alle azioni di specifici progetti di ripopolamento e reintroduzione, gli avvoltoi sono tornati nei nostri cieli. Solo fino a metà del secolo scorso la loro presenza era segnalata solo in Sardegna e in Sicilia, ad oggi invece occupano nuovamente le aree delle Alpi e degli Appennini.
La storia recente del gipeto e del grifone è una storia che potremmo definire a lieto fine: il gipeto infatti è considerato estinto sulle Alpi dal 1913 e dalla fine degli anni ’60 in Sardegna; l’avvoltoio monaco è invece considerata estinto nel nostro Paese dal 1961; il grifone contava poche coppie in Sardegna e, infine, il capovaccaio negli ultimi due decenni rimaneva isolato in poche aree impervie del sud Italia e della Sicilia.
Questa la situazione dopo la metà del XX secolo, poi la svolta: i progetti di rilascio del gipeto sulle Alpi (oltre 220 individui rilasciati dal 1986 ad oggi) e del grifone sull’Appennino e in Sicilia hanno riportato lo stato di queste due specie in una situazione del tutto insperata.
Se per due specie il futuro è oggi più roseo, lo stesso non si può dire per gli altri due avvoltoi: individui solitari di avvoltoio monaco fanno ormai la loro comparsa solo di rado in Italia, mentre la popolazione di capovaccaio continua a diminuire drammaticamente, nonostante i molti sforzi di conservazione.
Un’unica notizia positiva: dal 2019 ad oggi una coppia di capovaccaio ha iniziato a riprodursi in Sardegna, dove non era mai stato segnalato prima.
CARATTERISTICHE E CURIOSITÀ
Il capovaccaio è sull’orlo dell’estinzione nel nostro Paese: è passato dalle 71 coppie nidificanti negli anni ’70 alle attuali circa 10, di cui ben 8 in Sicilia. È anche noto con il nome di avvoltoio degli Egizi perché era considerato sacro alla dea Iside e sacro ai faraoni.
Il capovaccaio è noto per essere tra le poche specie di uccelli a utilizzare “utensili”, è stato infatti osservato prendere dei sassi con il becco e lanciarli per rompere le uova più complicate da aprire, le uova più piccole vengono invece prese direttamente con il becco e lanciate a terra.
Il gipeto, in spagnolo è chiamato “quebrantahuesos”, spacca-ossa, per la sua abitudine di nutrirsi del midollo contenuto nelle ossa di altri animali che riesce a estrarre facendole cadere sulle rocce da altezze considerevoli.
Il grifone è l’unico avvoltoio europeo che nidifica in colonie su pareti rocciose. Gipeto e capovaccaio si riproducono anch’essi su pareti rocciose, ma formano coppie territoriali con singoli nidi, l’avvoltoio monaco invece si riproduce su rami di grandi alberi isolati.
LE MINACCE
L’uccisone illegale con uso di bocconi avvelenati e arma da fuoco, il disturbo dei siti riproduttivi e le modificazione delle pratiche di allevamento sono tutti fattori che determinano il grave grado di minaccia degli avvoltoi.
Se la situazione dell’uso del veleno per uccidere predatori e avvoltoi non è più quella degli anni ’70, periodicamente e localmente si assiste all’uccisione di avvoltoi in tutta Italia. Nel 2007 14 grifoni sono stati trovati morti dopo aver mangiato su una carogna avvelenata, in Sardegna tutti i gipeti rilasciati con un progetto ambizioso e coraggioso sono stati uccisi in poco tempo e non finiscono qui gli episodi di barbarie che persistono ancora oggi.
La sopravvivenza degli avvoltoi è legata ad un sottile filo, basta poco per invertire la tendenza.
COSA FA IL WWF
Nel 2019 un raro esemplare femmina di avvoltoio monaco è stato accolto dal Centro Recupero Animali Selvatici WWF di Vanzago (Milano) in condizioni precarie e gravemente debilitato. Dopo essere stato curato e alimentato è stato riportato in Francia nell’area del Verdon da dove proveniva. In queste aree un progetto della Voltures Conservation Foundation mira alla tutela e alla salvaguardia di diverse specie di avvolto a rischio estinzione su tutto il territorio europeo.
Non è purtroppo un caso isolato, infatti nel 2015 è stata la volta di un grifone che ha ricevuto le cure del Centro Recupero Fauna Selvatica WWF di Valpredina (Bergamo). Questi sono solo due degli ultimi episodi che testimoniano l’importanza dell’attività di recupero degli animali feriti che svolgiamo nei nostri centri di recupero da anni.
Siamo anche impegnati direttamente sul campo dal 2016 in un progetto in Sicilia per la tutela del capovaccaio e di altre due rare specie di rapaci mediterranei – il falco lanario e l’aquila di Bonelli. I risultati di questa importante iniziativa si possono consultare direttamente sul sito del Progetto ConRaSi.